Mascherina si, mascherina no, distanziamento si, distanziamento no, ma la mascherina in luogo aperto la posso togliere? E se è luogo aperto ma affollato? Che faccio? E per i bambini è sicuro andare al centro estivo? Le domande aperte sono tante e rimane un po’ di confusione.
In realtà in alcuni casi le misure di sicurezza sono state addirittura inasprite, in altri la Fase 3 sembra già essersi lasciata il virus alle spalle. Allora che fare? Sembra che la risposta sia: dipende.

Tre cose in tutta la vicenda hanno finito per complicare la vita ai cittadini:
- un discorso scientifico che non potendo contare su evidenze – perché alle prese con qualcosa di sconosciuto e dunque ancora da studiare – ha dovuto costruire i suoi percorsi su suggestioni e ipotesi;
- un federalismo sanitario che spesso ha portato a quello che qualche giornale ha stigmatizzato come “protagonismo dei governatori” o dei sindaci;
- una quantità eccessiva di informazioni , non sempre coerenti tra di loro, che non hanno semplifica certo le cose. Al contrario a volte hanno rischiato di far perdere fiducia nella stessa scienza e nelle istitutzioni.
E allora che fare? Vi ricordate quello che da bambini alle prime prove di autonomia – del tipo andare a scuola da soli o uscire con gli amichetti – ci veniva insegnato? Era qualcosa che suonava piu’ o meno: devi essere responsabile e fare attenzione.
Bene, ora il discorso è lo stesso: di fronte al virus siamo come bambini, tutti alle prese con una situazione ignota, da imparare, complicata dal fatto che si deve affrontare ciò che non si conosce e lo si fa mentre lo si studia, in contemporanea. Per nulla semplice.
In realtà essere responsabili e fare attenzione sono due principi fondamentali della sopravvivenza umana e della convivenza civile: il principio di responsabilità e il principio di precauzione. Il primo è forse il più noto e l’applicazione più concreta l’ha proprio evidenziata questa epidemia: solo il senso di responsabilità e la cooperazione solidaristica di milioni di cittadini, in tempi di lock down, hanno permesso di contenere l’epidemia, salvaguardando il sistema sanitario nel concedergli il tempo di reagire. In sintesi: mi chiudo in casa per non infettarmi, per non eventualmente infettare gli altri e non finire tutti in terapia intensiva e portare al collasso il sistema ospedaliero.
Detta più elegantemente: l’emergenza ci ha costretti ad un diverso bilanciamento tra la dimensione individuale e quella collettiva dei diritti, dando necessariamente priorità a questi ultimi. Ecco il principio di responsabilità. E gli italiani si sono comportati molto bene.
Il principio di precauzione
Per quanto riguarda il secondo, il principio di precauzione, le cose sono forse meno semplici. Intanto forse non tutti sanno che il principio di precauzione è una strategia di gestione del rischio nei casi in cui i dati disponibili non ne consentano una sua valutazione certa e completa. Praticamente la situazione in cui ci troviamo.
Il Comitato Nazionale per la Bioetica in un documento edito nel 2004, parla di “incertezza del sapere scientifico” nei casi in cui le conoscenze a nostra disposizione sono ancora scarse, gli scienziati sono al lavoro ma i dati concreti in loro possesso sono ancora pochi. Bene: in questi casi, siccome non se ne sa ancora abbastanza l’unico consiglio valido è: siate prudenti! Infatti è ciò che raccomanda lo stesso Comitato: l’adozione di quello che gli economisti e i giuristi chiamano principio di precauzione.
In pratica, nel nostro caso: mettere in atto tutti quei comportamenti che possono proteggerci dal contagio. Per esempio: usare la mascherina anche all’esterno se ci troviamo in un luogo affollato e non è possibile il distanziamento, lavarsi accuratamente le mani più volte al giorno con sapone o disinfettante, starnutire o tossire nella piega del gomito etc. La posta in gioco è la nostra e l’altrui salute, vale la pena fare qualche sacrificio no?
Ma ritorniamo un attimo al principio di precauzione perché la sua storia è interessante: in realtà si tratta di un dibattito nato già negli anni ’70 in ambito ambientalista ed ecologista, ripreso dall’economia in tema di gestione del rischio tra gli anni ’80 e 2000 e ha il suo fondamento giuridico, come ci ricorda lo stesso Comitato Nazionale, nella legislazione europea: posto dal Trattato di Maastricht e poi ripreso nella Costituzione Europea.
Diverse le possibilità di applicazione, in campo scientifico, economico, giuridico etc in pratica è applicabile ovunque vi sia un rischio i quali elementi non ci siano del tutto noti, d’altra parte quando di cammina al buio la prima cosa che facciamo è stare attenti a non andare a sbattere e farci del male!
Diverse poi le misure che un governo, un’amministrazione, possono adottare nell’applicare questo principio, a patto però che siano misure proporzionate al livello di protezione che si vuole raggiungere, alla valutazione di vantaggi e svantaggi derivati e all’ analisi costi/benefici di natura economica. Per esempio: sicuramente il lock down ha portato danni economici ma i danni sarebbero stati ben più pesanti se il dilagare dell’epidemia avesse fatto collassare il nostro Servizio Sanitario.
Chi segue il prudente
Il dibattito pro e contro l’applicazione del principio di precauzione è naturalmente ancora aperto per le sue dirette implicazioni per il mercato, c’è chi dice che troppa prudenza freni lo sviluppo e la crescita, della serie “chi non risica non rosica” , di fatto però applicato alla situazione che oggi stiamo vivendo, cioè ad una questione di salute pubblica, mantiene tutta la sua validità ed è stato sicuramente alla base di molte delle decisioni prese dalle autorità competenti. Come dice il proverbio: “Chi segue il prudente mai se ne pente”.
Ma se c’è una lezione che questa emergenza ci ha dato è che solo l’agire cooperativo, cioè l’agire insieme, uniti e solidali, è vincente! D’altra parte è proprio questo agire, che non è altro che senso di responsabilità e prudenza, ci ha permesso di uscire dalle caverne ed evolverci, anche affrontando enormi pericoli, fino ad essere ciò che siamo oggi.
Quindi: a prescindere da qualsiasi legge o decreto, in situazioni difficili e confuse, la risposta che cerchiamo è proprio quel “dipende”. Da cosa? Dalle circostanze. Dalle circostanze che ognuno noi, con senso di responsabilità e prudenza, sarà perfettamente in grado di valutare.
Ricordate: “devi essere responsabile e fare attenzione”.
D’altra parte è una semplice questione di buon senso: siamo tutti sulla stessa barca!